14 Agosto 2018, crolla un ponte a Genova. No, non crolla un ponte, ma crolla il Ponte Morandi.
Perché quel Ponte era il Ponte di un Maestro della scienza e della tecnica mondiale.
Morandi è per la tecnica delle costruzioni, qualcosa di più di Bill Gates per l’informatica, di Marck Zuckerberg per i social. E’ un genio che ha inventato tecniche e materiali con i quali ha ideato, progettato e costruito opere concrete, tangibili, fotografabili.
Presenze dei paesaggi del mondo a favore degli uomini che, allora come ora, lavoravano, si muovevano, spostavano merci. Senza click. Senza virtualità.
Ma il crollo del Ponte Morandi, un gigante che si spezza nel mezzo, porta con sé molte, e ancor più devastanti, rovine.
Impone al Paese una emergenza che chiama alla responsabilità della ragione.
E le risposte sono inconsulte ed inappropriate.
Il Ponte che crolla svela crudamente quanto siano andati in rovina le competenze, il sapere ed il saper fare. Ognuno parla ad alta voce, per farsi sentire, ma non dice nulla. Emergono i nulla-sapienti che sfoggiano livree accecanti, molto efficaci nel mondo virtuale, per coprire l’inconsistenza delle proprie posizioni.
E, ancor più grave, ciò accade all’avventore ludico dei social che è restato tale, così come a quello che invece ha scalato i vertici del governo della Nazione. Inconsistenti, reattivi, miopi.
Senza alcuna visione di prospettiva, demoliscono ogni giorno il percorso ragionato di uscita dall’emergenza. Sono solo parole di odio, di reazione che resta tale anche a più di due mesi, oramai, dall’evento.
Non c’è più spazio per il giudizio.
E’ crollato anche questo. Perché il giudizio ha bisogno di riconoscere tutti gli elementi della realtà, anche quelli scomodi, inutili per l’applauso in strada, ma che esistono ed incidono sostanzialmente per arrivare a soluzioni concrete e condivisibili.
Fa specie che finanche il Procuratore capo di Genova, nell’immediatezza, dichiari “Non è stata una fatalità, ma un errore umano” a provocare il crollo del ponte a Genova. Un uomo di legge, con un ruolo apicale per la garanzia della giustizia, è trascinato anche lui dal Ponte Morandi nel pozzo nero delle reazioni inconsulte.
E’ scomodo attivarsi per studiare tutte le alternative? Anche quella, la principale, che analizza ciò che resta del Ponte, ne valuta le condizioni di stabilità, stima quanto costi in tempo e denaro il suo risanamento e prospetti la “cucitura” del tronco crollato? Questo non farebbe demolire le case, ristabilirebbe in tempi ragionevoli un collegamento tra le due sponde della città spezzata. Sarebbe anche un intervento emblematico. Un simbolo.
Ma la disponibilità a studiare seriamente le alternative concrete per la soluzione è crollata con il Ponte. Forse anche prima del Ponte. Studiare non è più di moda. Non porta like, non agita bandiere.
Si spera, gaudenti, nel reddito di una cittadinanza. Crollata.