Mai Alkaila è Ambasciatrice dello Stato di Palestina e Rappresentante Permanente presso le agenzie delle Nazioni Unite FAO, IFAD e WFP dal 2013.
Medico laureata in Spagna, Master in California e P.Hd in Cile è attivista per i diritti umani, delle donne e del popolo palestinese. E’ stata direttrice del Programma per la Salute delle Famiglie dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione (UNRWA) .
Prima di essere nominata Ambasciatrice in Italia, nell’ottobre 2013, Mai Alkaila ha ricoperto lo stesso incarico in Cile, dal 2006 al 2013. Rappresenta oggi, una nazione che stenta a trovare una sua collocazione nello scenario internazionale, che ancora non trova un suo definitivo riconoscimento come Stato e che si trova schiacciata da una politica Israeliana che tende ad occupare tutti i territori assegnati ai palestinesi dalla risoluzione delle Nazioni Unite 242 del ’67, tanto che ormai la Cisgiordania palestinese è ridotta a un vero e proprio “territorio groviera” senza nessuna continuità e quindi, di fatto, senza la possibilità di esercitare alcuna effettiva sovranità da parte delle sue autorità politiche.
Una condizione che è figlia di un clima internazionale che ha visto via via scemare l’interesse politico e diplomatico per una questione che resta centrale nel panorama mediorientale e che rischia di risolversi per mano militare, con il solo uso della forza, lasciando dietro di sé una scia di rancori e di inimicizie che certamente non renderanno un buon servizio alla pace in Terra Santa.
Abbiamo scelto, quindi, di dar voce a questa storica presenza in Italia, per dare un piccolo contributo alla riapertura di una questione che è chiamata a rendere giustizia a milioni di persone alla ricerca di una loro dignità come popolo e come Stato in condizioni di pace e reciprocità con i vicini, a cominciare proprio da Israele.
Cominciamo con una valutazione complessiva dei rapporti tra l’Italia e l’Anp.
L’Italia è tradizionalmente uno dei Paesi europei più vicini alla causa dell’indipendenza del popolo palestinese. Negli ultimi anni, però, c’è stata una virata verso le ragioni di Israele. Questo mutamento nella tradizionale politica mediterranea dell’Italia ha avuto ripercussioni sui rapporti con i palestinesi?
Storicamente l’Italia è stata uno dei Paesi europei più vicini alla giusta causa del popolo palestinese, a tutti i livelli: dal sostegno politico a quello economico, per i quali siamo grati ai governi e al popolo italiano.
Vogliamo ribadire che la posizione ufficiale dell’Italia non è mutata, perché continua a sostenere la causa palestinese sulla base delle risoluzioni delle Nazioni Unite e nel rispetto del diritto internazionale, come ha dimostrato in tutte le sedi internazionali. Per questo, i rapporti tra Italia e Palestina continuano a essere ottimi.
Quale ruolo può svolgere l’Italia per sostenere la causa palestinese? Ci sono azioni che potrebbero essere messe in campo?
L’Italia può certamente svolgere un ruolo molto importante come singolo Paese, oltre che come membro dell’Unione Europea, premendo su Israele affinché rispetti e applichi il diritto internazionale.
Inoltre, sarebbe molto importante che l’Italia riconoscesse a tutti gli effetti lo Stato palestinese – sui confini del 1967 e con Gerusalemme Est capitale – facilitando in questo modo una pace giusta basata sulla soluzione dei due Stati.
L’obiettivo finale della lotta per l’indipendenza della Palestina è stato per molti anni individuato nella soluzione “Due popoli, due Stati”. Alla luce della situazione sul campo, ed in particolare del grande frazionamento della West Bank causato dal moltiplicarsi degli insediamenti ebraici, l’obiettivo di uno Stato indipendente che comprenda Cisgiordania e Gaza è ancora praticabile?
Noi continuiamo a credere nella soluzione “Due popoli, due Stati”, perché è l’unica possibile e rappresenta la volontà della comunità internazionale.
Ritiene che ci siano responsabilità anche palestinesi se ancora non si è arrivati, a 70 anni dalla Nakba, alla costituzione di uno Stato palestinese indipendente? Ci sono sforzi che possono essere ancora compiuti?
L’unico responsabile dello stallo nella regione è Israele, che occupa la nostra terra e ha fatto di tutto per far fallire qualsiasi tentativo di arrivare a una soluzione giusta e duratura.
La comunità internazionale deve adoperarsi per trovare questa soluzione, tramite una Conferenza Internazionale.
La società palestinese, tradizionalmente, è una società secolarizzata. Negli ultimi anni però si è avuta l’impressione, e in certi casi l’evidenza, che il radicalismo islamico abbia fatto breccia anche tra i palestinesi.
Come valuta lei questa novità? E’ in atto un cambiamento culturale della società palestinese o crede che i suoi tradizionali valori di laicità siano ancora ben saldi?
La società palestinese nei secoli è sempre stata una società laica, dove regnava il rispetto reciproco tra i suoi cittadini. Continua ad esserlo, e i valori di laicità rimarranno la caratteristica storica di questa società, dove tutti possono vivere senza nessuna discriminazione razziale o religiosa.
Che rapporto hanno i palestinesi con i luoghi santi del cristianesimo, che si trovano praticamente tutti nel territorio della Palestina?
I palestinesi considerano i luoghi sacri del cristianesimo presenti in Palestina alla pari di tutti gli altri luoghi sacri, che saranno sempre protetti e rispettati.
Quali sono le principali attività messe in campo dall’Ambasciata di Palestina in Italia? In quasi settori c’è maggiore collaborazione e in quali invece ritiene che occorra raggiungere risultati migliori?
L’Ambasciata svolge tutte le azioni che possano evidenziare i diversi aspetti della causa palestinese, principalmente attraverso rapporti politici, iniziative culturali e attività di informazione, che comprendono interventi di sensibilizzazione e mobilitazione.
Per chiudere, ci dica quale è, nella sua opinione, il contributo che può dare la Palestina alla comunità internazionale.
La Palestina, Terra Santa, culla di civiltà e cultura, può dare un grande contributo alla comunità internazionale, a partire dal suo amore per la pace e dal profondo rispetto per l’altro che radica nella sua storia.
Salutiamo così Mai Alkayla con l’idea di continuare a dare spazio ad una questione che occorre riportare al centro del dibattito politico per una ricerca sana di soluzioni possibili condivise.