Una canzone urlava che c’era “nu bravo guaglione”, ma che era un peccato che “era nu poco ricchione”.
Un tempo il politicamente scorretto aveva una dignità, prima che il politicamente corretto rendesse ogni considerazione scorretta una forma di pensiero “radical chic”.
Ecco dunque che l’oggi è ossessionato dai falsi miti, così come è sempre stato, ma con l’idea assurda che i nostri siano più miti degli altri.
Retrotopia, ne abbiamo già parlato, ma anche dell’inattualità delle considerazioni scomode abbiamo già detto.
La conformazione del pensiero è sempre stata ambita dal potere, ma la libertà non ha mai fatto rima con il manierismo delle idee. E’ per questo che nel mondo del pensiero e della parola liquida, dove l’autore non dura nulla, è impossibile ricercare le guide morali antiche, per riversarsi nel tempo che verrà.
Diciamoci la verità: l’oceano “cultura” è diventato una galassia, un multi universo, in cui è impossibile gettare il remo, trovare una direzione ed allora, emerge prepotente, un mantra intramontabile: “abbassate i toni”.
Abbassate i toni è la pietra filosofale, l’uovo del tenente Colombo.
Oggi finalmente qualcuno capisce che dinanzi agli abusi del potere i toni non vanno mai abbassati.
I toni bassi sono uno strumento di controllo sociale.
Le nefandezze vanno urlate, non taciute o dette a mezza voce. Come diceva il pennello cinghiale: devo dipingere una parete grande, ci vuole un pennello grande.
Ed io… il grande pennello, modestamente… lo nacqui.
Torniamo a quella scorrettezza che è l’unico modo per rompere un clima di conformismo e sudditanza. Torniamo a quel dovere di essere fuori dal coro, scomodi, che è l’unico modo per rompere l’abitudine al tetro, al ripetitivo, alla morte intellettuale.
Le parole scomode, il dileggio, i cantici moderni che possono dissipare le nebbie della ragione, non sono, né mai saranno, popolari.
La rivoluzione non è un pranzo di gala, diceva quello e quello, come diceva il grande Terence Hill, la sapeva lunga.
Quando i moderni “Don Raffaè”, invitano ad abbassare i toni a me viene sempre in mente la regola aurea della Cosa Nostra: mai fare rumore.
Il rumore è nemico del traffico sordido.
La malavita, il malaffare, hanno sempre bisogno di silenzio.
Più si sta zitti, buoni, più si sussurra, più le parole se le porta via il vento.
Ecco perché i toni non vanno mai abbassati, ogni volta che si vede un sopruso, un’ingiustizia, una sgraziata, vorace, vile, opera di sovvertimento dei valori umani, del diritto, delle regole.
Non li abbassiamo questi toni, ma alziamoli, ogni volta che ce ne sia bisogno. Perché vogliono i toni bassi? Semplice, perché il vostro gergo, i vostri modi, quando sono bassi, sono ininfluenti, irrilevanti. Per quelli “loro” hanno il vaccino.
Se noi, dinanzi agli abusi di potere, ci muoviamo con la continente critica, effettuata con i termini giuridici o sottili, veniamo ignorati dal potere. La mafia non crolla per le critiche degli oppositori, né si preoccupa di uccidere le critiche degli oppositori.
Chi sono state le vittime di mafia? Coloro che destavano scandalo, che squarciavano il velo, che non si limitavano alle parole di biasimo di circostanza, consentite, labili. La mafia tollera benissimo le critiche, non è affatto vero che non le tolleri, ma la mafia una cosa non può tollerare: la verità. La mafia non può tollerare che non ne si abbia paura, la mafia non può tollerare che la si sfidi apertamente.
Ecco perché contro il potere, contro ogni Cosa Nostra, i toni vanno alzati, mai abbassati.