Anche Tajani ha fatto cose buone

by Amerigo Ciervo
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“Basta a ciascun giorno il suo affanno”, ci ricorda Gesù. Comunque la si giri, non si può non concordare con la riflessione di Matteo 6,34.

E, difatti, c’eravamo appena in tempo ripresi dall’ineffabile intervista che il signor Antonio Tajani aveva concesso alla trasmissione radiofonica La zanzara, che, da Christchurch, Nuova Zelanda, è arrivata la tragica notizia della strage del suprematista bianco. “Preghiamo per i nostri fratelli musulmani”, ha chiesto ai fedeli cristiani il papa, affacciandosi a san Pietro. Non è necessario essere fedeli per cogliere la differenza tra il commento del – fino a prova contraria –  successore di Pietro e il tveet del cattolicissimo ministro dell’Inferno, quello che ama e sostiene la famiglia tradizionale. Ovviamente  degli altri.

I due eventi sembrano lontanissimi tra di loro. Di sicuro lo saranno per i fini analisti politici del giornalismo mainstream. Li tiene legati strettamente, invece, ciò che un filosofo tedesco, un po’ complicato e non molto amato da studenti e professori, chiama Zeitgeist, “lo spirito del tempo”.

Il concetto, il filosofo lo utilizza nelle sue Lezioni sulla filosofia della storia. In verità, Hegel – è di lui che si tratta –  rielabora un’espressione di Goethe. Ma, per i filosofi, ‘rielaborare’ equivale, di solito, a ciò che, per gli studenti, si chiama ‘copiare’.

Ma torniamo a Tajani. A leggere la biografia di questo signore, dovremo concludere che si tratti di un vero e proprio miracolato, essendo approdato alla presidenza del Parlamento europeo dopo aver debuttato, in politica, come militante del Fronte Monarchico Giovanile, il movimento giovanile dell’Unione Monarchica Italiana. Per carità: nessun problema.

E’ una delle conseguenze più radicalmente innovative del sistema liberal-democratico, l’idea  che  tutti possano ambire alle più importanti funzioni della democrazia rappresentativa. Ma la lettura di alcune frasi del Tajani, che è possibile  rinvenire facilmente in rete, qualche dubbio ce lo pone.

“Fino a quando non ha dichiarato (Mussolini: soggetto sottinteso) guerra al mondo intero seguendo Hitler, fino a quando non s’è fatto promotore delle leggi razziali, a parte la vicenda drammatica di Matteotti, ha fatto delle cose positive per realizzare infrastrutture nel nostro Paese, poi le bonifiche. Da un punto di vista di fatti concreti realizzati, non si può dire che non abbia realizzato nulla.”

Sembra che molti italiani abbiano un serio problema, a proposito del duce e del regime fascista, con la categoria del “fino a quando”. Mi è, infatti, tornata in mente un’anziana contadina, con la quale, quand’ero giovane, mi fermavo spesso a parlare, essendo, l’amabile signora, una sorta di archivio vivente della tradizione musicale popolare delle nostre zone.

Ebbene, tra un racconto della sua vita e un altro, da cui faceva capolino la nostalgia struggente della sua pur grama giovinezza, la contadina utilizzava quasi le stesse parole che abbiamo ascoltato da Tajani.

L’incipit era addirittura il medesimo: fino a quando.

All’inizio tentavo, timidamente, di obiettare. Ma, zia,  – in paese, si sa, siamo tutti nipoti degli anziani  –  e Gramsci? E Gobetti? E don Giovanni Minzoni? E il colonialismo razzista in Africa? Tutti ciò è accaduto prima della guerra e dei tedeschi. “Ma io ‘ste cose che tu mi vai dicendo non le so. Ho sentito che dicono così, quelli che sanno”, mi rispondeva. E il discorso si chiudeva.

Il problema è, dunque, proprio questo. Che una contadina fosse convinta che, fino alla guerra, il fascismo non fosse stato poi così male, riusciamo a comprenderlo e anche a giustificarlo, non essendo, le fakes news, un’invenzione dei nostri tempi. Che, però, di tale, aberrante tesi sia convinto pure un politico italiano, diventato, per gli arcana imperii, presidente del parlamento europeo è un problema gravissimo.

Che nessuno si faccia più scrupolo, da un po’ di anni a questa parte, di ripetere simili menzogne, che tali menzogne vengano diffuse e condivise dai potentissimi social e che si sia di molto abbassato il livello di guardia nei confronti del becerume razzista e fascista a cui non sembrerà illecito o tanto campato in aria il collegare talune folli azioni, non può non seriamente preoccuparci. E l’incomprensibile, forse, riusciremmo a capirlo se utilizzassimo la vecchia categoria hegeliana dello “spirito del tempo”. In realtà ci piace semplificare e schematizzare perché è la complessità a farci paura. La complessità impone approfondimento, studio e rigore. E, di tutto questo, non abbiamo troppa voglia.

Eppure, in tale, nerissimo panorama, ecco brillare una luce. L’hanno accesa le ragazze e i ragazzi che ieri sono scesi nelle piazze delle mille città del mondo. Con i ragazzi e le ragazze ho trascorso una vita intera. So bene quanto la loro maturazione e la loro crescita si coniughino, non raramente, con la sofferenza, con il disagio e, perfino, con il dolore.

Cosa mi sentirei di dire loro? Solo questo. Smettetela di ascoltare e di imitare gli adulti. Lasciateli perdere. Lasciateci perdere.

A un ministro dell’Istruzione che vi sconsiglia di andare in piazza e “di andare a scuola”, rispondete che, in piazza, ci siete andati proprio perché sapete cosa sostengano, sul futuro del mondo, studiosi seri. Attenzione: studiosi seri, non politici seri. Di cui, tutti, avremmo bisogno come l’aria.

Ora è arrivato il tempo della costruzione della vostra vita. Vi abbiamo lasciato un mondo con una lunghissima lista di guai e in grande disordine. Un mondo senza pulizia e senza giustizia. Con  schematismi e suprematismi.  A voi il compito di tradurre in un nuovo progetto politico il senso del vostro rifiuto per poter sperare di vivere un giorno, un giorno almeno, senza l’affanno quotidiano. Voi e noi.

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