Benevento giallorossa. Nel 2018 abbiamo vinto la retrocessione in serie B!

Ci sono anni che non si chiudono con gli anni solari. Sono così gli anni scolastici, gli anni accademici, gli anni agrari.

Periodi del tempo lavorativo che seguono le stagioni a cavallo di più anni, destinati ad essere indicati con il doppio numero: 2016/2017, 2017/2018. Ci confondono un po’, ma sono lo specchio dell’organizzazione delle attività da sempre guidate dal sole, dalle temperature, dalla Natura.

La Natura che ci guida con autorevole cadenza, ripagata con autoritaria prepotenza.

MA GLI ANNI FINISCONO DA SOLI, SINGOLARMENTE.

Iniziano nel mese della speranza, Gennaio, e si chiudono nel mese dell’annuncio, Dicembre. Inesorabilmente.

Così si chiude anche il 2018 e merita, come ogni anno solare, un bilancio, una riga tirata sotto un elenco di eventi per fare una somma, magari sgangherata e approssimativa ma capace di esercitare la memoria su dodici mesi passati così velocemente. Credo piacciano a tanti i servizi giornalistici dell’anno che si chiude. E’ un’attrazione fatale. Solleticano il ricordo, ci fanno sorridere ritrovando nelle immagini dello schermo pezzetti della nostra vita appena scorsa.

Questo 2018 lo voglio tingere di due colori: il giallo ed il rosso, anzi il giallorosso della squadra di calcio della mia Città, Benevento.

Anche la stagione calcistica si snoda su due anni solari, ma guardare in fila i mesi del solo 2018 basta per raccontare un’esperienza collettiva unica, sogniamo ripetibile.

All’inizio del 2018, a Gennaio, si guardava fiduciosi il mercato calcistico. Eravamo in serie A, bastonati da tutte le squadre del campionato d’élite e l’unica speranza era un uomo: il Presidente. Lui avrebbe certamente raddrizzato la compagine in campo a suon di euro.

Così fu.

La cronaca racconta i dettagli dello stupore di massa di fronte a nomi di calciatori altisonanti: Sandro, Djuricic, Sagna, Diabaté…. giocatori che dovevano portare sulle spalle la rinascita giallorossa da una posizione di classifica inchiodata all’ultimo posto.

Posizione che non è mai cambiata. Ultimi siamo stati fin dall’inizio e da ultimi abbiamo chiuso il campionato di serie A.

E siamo tornati un passo indietro, nella serie cadetta che abbiamo agognato per decenni. Passata la sbornia della serie maggiore, siamo tornati già in Agosto ad applaudire dagli stessi spalti undici ragazzi in campo, quasi tutti nuovi, con la stessa maglia giallorossa che è stata onorata nelle sconfitte a ripetizione fino a Maggio 2018. Tutti un po’ più altezzosi, quasi avessimo “vinto la retrocessione”.

ECCO, ABBIAMO VINTO LA RETROCESSIONE IN B.

Ma come è possibile retrocedere, perdere una competizione, arrivare ultimi al traguardo  e sentire il petto gonfio di orgoglio? Sarà una illusione collettiva nata spontaneamente per lenire una sconfitta obiettiva? No, non è stata una illusione.

E’ stato un fantastico esempio di partecipazione sociale e diffusa in un percorso al limite delle proprie forze nel quale tutti hanno trovato lo spazio dell’identità. Quello che ti fa riconoscere ovunque, che delinea i contorni netti di una Comunità e si difende da sola. Tutti hanno distinto il tifo giallorosso, sano, tenace, presente con gioia chiassosa a centinaia di chilometri dalla Città. Abbiamo fatto simpatia, senza quell’accento di pena che si prova difronte al perdente.

LO SPORT INSEGNA MOLTO, TANTO PIÙ OLTRE I CONFINI DEL GIOCO.

I nostri volti all’uscita dallo stadio erano sempre in bilico tra la tristezza del risultato ed il rammarico delle occasioni perse. Sconfitti sempre, quasi sempre, al fischio finale. Eppure, i cori, le bandiere, le grida di incitazione verso il prato verde brillante non erano mai sopiti. Sostenere con forza chi rappresenta una intera Comunità nelle difficoltà evidenti ha un sapore d’altri tempi.

Direi un sapore senza tempo.

Una sorta di collante comunitario che non esclude la critica, il borbottio per il tanto che non va, che si deve aggiustare, che deve cambiare. Ma quando si è in campo, si sostiene fino alla fine il colore giallorosso che rappresenta tutti. Quando si gioca, quando si è difronte all’avversario, quando si compete, si è uniti nel sostenere la propria squadra con il trasporto carnale dell’appartenenza.

E si riparte, dopo le tante sconfitte, da un gradino più in giù, senza contare i passi indietro, ma misurando solo quello che c’è di nuovo da sfidare. Un esempio da accudire, un’esperienza colorata da trasferire ai nostri ragazzi cercando con fiducia di dimostrare che il valore non è vincere le sfide, ma restare uniti difronte alle sfide.

Certo, le vittorie aiutano, le desideriamo. Ma, da sole, non chiudono un anno di orgoglio. Quello si nutre di un elisir a cavallo tra identità, appartenenza e calore umano. Che si può ridestare se siamo capaci di restare uniti di fronte ad una bandiera. Giallorossa, per noi.

FORZA BENEVENTO!

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