E’ stato un lampo senza tempesta

by Paola Verde
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E’ stato un lampo senza tempesta

C’è stato un lampo veloce nel cielo. Una luce intensa ha squarciato il velo pesante che copre un mondo di persone che lavorano per il futuro e per il presente, un mondo operoso amato ed odiato: l’Università.

E’ bastata una lettura superficiale e disattenta della bozza della manovra finanziaria del Governo per illuminare un aspetto specifico, apparentemente un dettaglio. Il numero chiuso per l’accesso agli studi di Medicina.

Non è dato di sapere se il lettore, autorevole ma sbadato, abbia buttato l’occhio strabico anche sull’accesso ad Odontoiatria. Eh si!

Perché il testo, con o senza manine furbesche, è la bozza della manovra finanziaria del Governo ed il lettore protagonista principale della svista è il Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca. Autorevole, ma sbadato.

E così, per due giorni, il tema dell’accesso agli studi Universitari è stato in prima pagina. Giusto il tempo per sventolare proclami democratici, alzare trincee protezioniste, collocare orizzonti di riforma popolare.

Tutto rientrato perché poi qualcuno ha finalmente letto con attenzione le righe della bozza ed ha capito che si era sbagliato.

La luce è svanita. E’ stato solo un lampo senza tempesta.

Ma qualche Ministro sfuso ha avuto lo spazio per dichiarare che gli studi tecnico-scientifici dovranno essere aperti a tutti.

In fondo, eravamo contenti che si potesse aprire un dibattito serio e ragionato sulla galassia Universitaria, a partire dal numero chiuso previsto per alcuni corsi di studio, non solo per Medicina.

L’acquolina in bocca solleticava il palato, tutti pronti a ragionare e motivare con l’esperienza le nostre idee sul numero chiuso e sul valore strategico per un Paese della formazione di qualità dei nostri ragazzi, la classe dirigente di una Nazione orgogliosa.

Confrontarsi su un aspetto specifico, come spesso accade, è un’opportunità per aprire lo sguardo sull’intero sistema. E se il sistema è l’Università, non ci sono dubbi che si poteva partire dalle ragioni alla base del numero chiuso, interrogarsi se queste ragioni fossero ancora valide e capire quanto gli investimenti siano da decenni ai minimi termini, con o senza riforma del numero chiuso.

L’Università è da sempre, forse dal Ministro Ruberti ma potremmo andare indietro fino a Romita, il comparto dello Stato più riformato, modificato, stravolto dall’azione del Ministro di turno. Riforme, modifiche, cambi di rotta, tutti diversi dai Partiti di tutto l’arco Costituzionale, con un unico fattore comune: investimenti nulli o inconsistenti.

Le ragioni del numero chiuso sono legate alla partenza dell’Università di massa degli anni ’80, alla necessità di offrire livelli adeguati di educazione in termini di docenti, strutture, servizi. Si sono aggiunti i motivi ideologici di selezione dei ragazzi in ingresso. Mai realmente implementati, frequentemente usati per coprire sacche resistenti di privilegio nutrite dal “come” si è voluto rispettare il numero chiuso, un “come” anche questo variabile a tratti nel tempo.

Il numero in ingresso degli studenti è uno dei fattori più importanti per la pianificazione di un Corso di studi. Anche se non chiuso, gli Atenei sono chiamati a definire la numerosità di riferimento delle classi per disegnare la propria offerta formativa.

Come accade in ogni settore, per ogni attività umana, devi stabilire all’inizio la specifica dimensionale.

Se devi preparare una torta, devi sapere quanti commensali la mangeranno. Potrai così regolarti sul peso della torta, proporzionare gli ingredienti per avere torta si, ma buona, capire se con il forno che hai riuscirai a cuocerla bene. Perché non vuoi una torta, ma quella torta, con quel profumo, con i sapori che fanno di quel manicaretto una torta che merita la fatica che ci metterai nel farla. E’ semplice.

Se, poi, la torta richiede mezzi speciali di lavorazione, come un abbattitore di temperatura o un forno a vapore, ti devi attrezzare. Devi investire un po’ di denaro, devi chiamare un amico pasticciere, tecnicamente abile e capace, che magari ti dà una mano per usare bene gli attrezzi speciali che hai comprato.

Insomma, non ti avventuri, da solo e senza soldi, a preparare la torta nel Dolce Forno, mitico ma inadeguato. E, soprattutto, capisci che una torta tanto complicata da fare non è per tutti gli avventurieri della cucina né per tutte le cucine.

Senza pregiudizi, le ragioni del numero chiuso per alcuni studi Universitari sono a mio parere ancora valide.

Le modalità con cui si verifica il rispetto dell’accesso ed il valore nel numero certamente meritano un ripensamento serio. Le eventuali scelte dovranno però riflettersi sull’impegno a sostenere le modifiche con le giuste risorse.

Ma, purtroppo, la luce si è spenta veloce, come solo i lampi sanno fare. Siamo tutti ricaduti nel buio del disinteresse, nel brusìo di fondo, nelle voci nel vento che parlano, ma non dicono nulla.

Finora, l’Università ha potuto godere di un solo intervento risolutivo.

Una ex Iena che guiderà l’Osservatorio Ministeriale sui concorsi. Perché l’Università è il reame dei Baroni, è il luogo dei privilegi, deve essere controllata perbene da uomini lucidi ed esperti.

Peccato che, poi, tutti si affranchino con curricula zeppi di incarichi, collaborazioni, partecipazioni con lo stesso mondo sporco e cattivo. Sic!

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