La cultura del nemico ha sempre avuto molta fortuna.
Atavici, mostruosi esseri, capaci di qualsiasi nefandezza, opposti ai salvatori dell’universo.Nella logica dello scaricabarile ha sempre funzionato. Macerie di prima, lasciti nefandi, non è stata colpa mia.
L’elenco è lungo, sublimato in una delle scene più memorabili della storia del cinema, quando un lurido, viscido, immenso John Belushi invoca il perdono di Carrie Fisher, all’interno di una fogna, elencando tutte le piaghe bibliche che gli avrebbero impedito di sposarla. E’ un trionfo. “Sono state le cavallette, una tremenda inondazione, il funerale di mia madre, un terremoto, non ucciderci…”
L’arte del governo fa da sempre rima con quella della dissimulazione, ma il giochino ormai riesce a fare presa solo sui più derelitti.
Le mirabolanti promesse di cambiare il mondo si scontrano con le contraddizioni e i compromessi della realtà reale, ed è allora che i miti crollano, mentre il superomismo di hitleriana memoria naufraga miseramente, travolto dalle sconfitte dei sogni impossibili.
Il fact checking è dunque un elemento indispensabile per uscire dai racconti sbagliati dell’errore.
Se il grande Edgar Allan Poe aveva scelto l’orrore, non possiamo negare che anche l’orrido erroneo abbia il suo disgustoso fascino.
Proprio come John, strisciante e simpatico, nello scolo della cloaca in cui si getta, disperato, per salvarsi la pelle. E’ un ricorso storico, ogni volta che si deve passare dalle parole ai fatti, “ha stato un altro”: quello di prima, lo straniero, l’ebreo, il banchiere “massoplutoturbonico.”
Ultimamente però la vicenda è diventata ancora più pirotecnica. Manine di Canterville che di notte mutavano il testo dei decreti legge, lettere aperte, tra dettati e scritture, che provavano a cambiare il mondo, in una versione riveduta e scorretta dei fratelli Caponi.
E lo spread? Semplice, me ne frego, perché si sa che quelli sono antipatici e con loro, se continuano a fare i cattivi, non gioco più, mai più, proprio mai più, ecco!
Osservo la mia piccola Giulia, che di fronte ad ogni marachella si chiede: “e mò?” Come a dire: io non c’entro… non sono stata io… e noto giocose e tremende assonanze.
Il buco, il famoso buco di bilancio, quello che non manca mai. L’amico scomodo di mille e non più mille perigliose avventure nell’arte medievale della giostra tra i conti pubblici. Comunque basta! Basta con questo disfattismo, lasciamoli lavorare, non critichiamo, né disturbiamo, perché il mentre non sia una scomoda e faticosa ricerca della verità. Chiudiamo gli occhi, come in un bel sogno, voliamo direttamente dal prima, dalle accise uccise e disfatte, ai rincari delle sigarette.
Dal reddito per tutti, novello “pilu” di “Qualunquiana” memoria, al sussidio per pochi. “Podere al popolo” lo hanno già detto e le vignette sulle vaste terre che toccheranno a Simba, solo se papà leone avrà altri due figli, hanno già ampiamente descritto il sale della vicenda.
Coltivatori ancestrali, tornati nudi alla nuda terra, renderemo reale la mia immodesta definizione dell’evoluzione della specie: da homo sapiens a homo nudus, perché sembra che davvero non abbiamo più nulla. A chi daremo la colpa? Semplice, a Mister X, il misterioso faccendiere di Tana delle Tigri. La benda sull’occhio ce l’ha, è pronto e lo siamo anche noi. Ha stato lui a mettere il sale nel nostro cappuccino.