“Sai, zia, quello che vedo ultimamente è che le persone votino per un partito come si fa per una squadra di calcio. Mi sembra proprio il tifo calcistico, piuttosto che l’espressione di un giudizio”. Ecco, in auto mio nipote, poco più che ventenne, mi regala una fotografia, una fotografia senza flash, fedele ai colori della realtà senza che sia necessaria la post-produzione digitale.
Come si fa a non dargli ragione?
In verità, a pensarci bene, è stato anche generoso, lui. Il tifoso del calcio è fedele alla squadra del cuore, quella che non si cambia più. Quella che scegli da piccolo e ti colora tutti i fine settimana, qualsiasi sia il risultato dell’ultima partita. Sei tifoso di quella squadra e non ci pensi proprio a scambiare il nome della tua squadra con quella che sta vincendo. E’ impossibile, è un sacrilegio.
Ed invece, il tifo elettorale non è nemmeno tifo calcistico.
E’ UN TIFO SENZA ONORE, SENZA ORGOGLIO, SENZA STORIA.
Si passa da un vincitore all’altro con rapidità, senza alcuno scrupolo.
Il fenomeno ha radici lontane. Il dissolvimento concreto di ideali, la mancanza totale di un modello sociale, la decomposizione inesorabile di una visione complessiva di ruolo e funzioni dello Stato sono il risultato su lungo periodo della caduta del Muro di Berlino.
Eh si!
Cade quel muro nell’autunno del 1989 e trascina con sé i sogni, le lotte, le contrapposizioni di generazioni di ragazzi che, pure sbagliando, avevano dato la vita, avevano lottato in strada, avevano urlato con rabbia le proprie idee.
Un altro mondo. Un mondo, anche insanguinato, pieno zeppo di errori, di distorsioni pericolose, di rischi veri per la sicurezza Nazionale. Un mondo svanito.
Adesso, invece, non ci sono le posizioni né di destra, né di sinistra, ci dicono. Esistono solo le idee buone e quelle cattive, le proposte efficaci e quelle inadeguate.
Ed il punto cruciale non è che ce lo dicano, è che ci crediamo, convinti che si possa scegliere continuamente, giorno per giorno, la soluzione migliore. Crediamo sia possibile seguire uno slogan senza alcun aggancio a una benché minima forma di inquadramento complessivo dei problemi dominanti, delle aspirazioni tendenziali, delle linee di indirizzo sul futuro.
E’ un continuo procedere a vista, alimentare la reazione e demolire il giudizio. E’ tifo, appunto. Ma è un tifo becero, senza il fascino della fede calcistica, fatto di cori che perdono il significato delle parole, alimentato dal continuo cambio dei colori.
Posizioni che non durano nemmeno 90 minuti. Seguono un pensiero forte quanto la dimensione di un twit.
MA NOI SIAMO IRREFRENABILI OTTIMISTI.
Non ci arrendiamo alla liquidità delle posizioni ondivaghe e crediamo nella forza delle idee, nella efficacia dell’esempio, nella potenza dell’esperienza. Bisogna “solo” trovare lo spazio per alimentare la rinascita del Pensiero. Senza nessun timore del colore e, soprattutto, del Pensiero diverso. Senza diversità non c’è ragione di identità.
Dove, ci chiediamo allora, è possibile sostenere l’importanza di uno sguardo di prospettiva che non sia miope, che non si riduca a ciò che si vede da vicino ma che guardi nel profondo?
La mia risposta è: OVUNQUE.
In ogni azione si può innescare un esempio che guidi il giudizio, che riaffermi il valore della elaborazione, che sia in grado di collocare il tempo attuale nel tempo futuro. Perché siamo fatti per guardare l’orizzonte, per respirare le prospettive, per immaginare ciò che desideriamo.
Un Uomo non è quello che fa, non è quello che ha, è quello che desidera.
Il Tifo, quello con la T maiuscola, ritornerà negli stadi, a testa alta difronte alle sconfitte.