La Chiesa cattolica e i principi dell’accoglienza

Il clamore, decisamente fuori misura, che sta avendo, in questi ultimi tempi, la questione dei migranti che arrivano in Italia, ha coinvolto direttamente anche la Chiesa cattolica.

Da anni impegnata a dare accoglienza, stavolta è stata al centro dell’attenzione a causa del coup-de-théatre mediatico del Ministro dell’Interno italiano che si è smarcato dal vicolo cieco in cui si era infilato tenendo bloccata la nave della Guardia Costiera “Ubaldo Diciotti”, soltanto grazie alla disponibilità data dalla Conferenza Episcopale Italiana ad accogliere 100 dei 140 migranti che erano ancora sulla nave lo scorso 26 agosto.

Un’azione fatta passare come una grande novità, come l’aver costretto finalmente la Chiesa buonista che predica sciaguratamente l’accoglienza (come se potesse fare davvero altro) ad aprire le sue porte.

Ora, al netto del fatto che se la Cei non fosse intervenuta, ancora non si capisce come si sarebbe risolta quella vicenda, ci sono alcuni numeri che parlano più di tanta retorica cattivista. I migranti accolti nelle strutture ecclesiastiche italiane sono, ad oggi, circa 28.000.

La gran parte di questi sono accolti dalla più grande struttura di assistenza italiana, la Caritas. Di questi 28.000, circa 6000 sono a totale carico delle finanze dell’episcopato italiano, mentre gli altri sono assistiti tramite i bandi indetti dalle prefetture, i famosi 35 euro al giorno.

Un impegno che significa immediatamente due cose:

  • 1. che, volendo prendere come parametro i 35 euro, la CEI sborsa ogni giorno oltre 210.000 euro per mantenere gli ultimi del pianeta che arrivano in Italia;
  • 2. che altri 22.000 sono accolti solo grazie a molti volontari che prestano gratuitamente il proprio servizio nelle strutture di accoglienza.

Questo giusto per dire che le porte sono ampiamente spalancate da anni e che non ci voleva il Ministro per farle aprire. A chiarire poi quali sono i criteri con i quali questa operazione viene implementata ogni giorno, ci ha pensato direttamente il Pontefice nel suo messaggio per la “Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2018”.

Quattro criteri: accoglienza, protezione, promozione, integrazione. Il primo criterio sollecita sostanzialmente una politica da parte dei Paesi di arrivo che riorganizzi il sistema dei visti di ingresso, rendendo legale quello che oggi è illegale.

Una esperienza che è stata già implementata con successo attraverso i “corridoi umanitari” messi in campo dalla Comunità di Sant’Egidio insieme alla Federazione delle chiese evangeliche e alla Tavola valdese.

Migliaia di ingressi sono stati così consentiti evitando lo strazio dei barconi e delle traversate nel deserto.

Il secondo criterio è quello della protezione. Un’azione che richiede una seria concertazione tra Paesi di partenza e i Paesi di arrivo. I primi sono chiamati a dare informazioni certe e dettagliate sulle reali possibilità di accoglienza dei paesi di arrivo e soprattutto la salvaguardia dei migranti nei confronti di azioni di reclutamento illegale.

I secondi invece dovrebbero assicurare un’adeguata assistenza consolare, il diritto a documenti di identità ed un equo accesso alla giustizia. Insomma, una forma di tutela della dignità di ogni migrante, a prescindere dallo status migratorio.

Ad essi, sottolinea Francesco I, dovrebbe essere evitata “ogni forma di detenzione in ragione del loro status migratorio”. Il criterio della “promozione”, invece, tende a definire e difendere la dignità personale del migrante. Ad esso occorre assicurazione la possibilità di esercizio del proprio culto religioso, così come la possibilità di poter utilizzare le proprie conoscenze ed i propri talenti, per potersi inserire nel mondo lavorativo.

Il lavoro, in questa dinamica, diventa occasione di reciproco arricchimento e di unione tra popoli diversi. Da qui scaturisce il quarto criterio, quello della “integrazione” che, scrive il Pontefice, “non è un’assimilazione, che induce a sopprimere o a dimenticare la propria identità culturale.

Il contatto con l’altro porta piuttosto a scoprirne il “segreto”, ad aprirsi a lui per accoglierne gli aspetti validi e contribuire così ad una maggior conoscenza reciproca. È un processo prolungato che mira a formare società e culture, rendendole sempre più riflesso dei multiformi doni di Dio agli uomini.

Tale processo, continua Francesco, può essere accelerato attraverso l’offerta di cittadinanza slegata da requisiti economici e linguistici e di percorsi di regolarizzazione straordinaria per migranti che possano vantare una lunga permanenza nel paese”.

Quattro criteri che, come si vede, rappresentano in maniera estremamente chiara una posizione culturale prima che politica della Chiesa cattolica, tale da renderla paladina dei valori di libertà e solidarietà che, proprio attraverso Cristianesimo ed Illuminismo, hanno posto le fondamenta della civiltà europea ed occidentale in genere.

Una voce che andrebbe ascoltata da una politica sempre più incapace di affrontare in maniera critica le sfide sempre più complesse poste dalla contemporaneità e che è impossibile risolvere con colpi d’accetta. Sempre che la politica sia interessata a risolvere i problemi.

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