1993: il Parlamento approva l’elezione diretta del Sindaco. Sono passati 25 anni, sono le nozze d’argento. Senza tema di smentite, la riforma dell’elezione diretta del primo cittadino di ogni Città resiste, orgogliosa delle rughe che non ne scalfiscono il fascino.
Rughe che non hanno avuto bisogno di botulino, di lifting, di magici sieri. Quei rimedi che affogano i volti e ci costringono a stringere gli occhi per riconoscere nei solchi gonfiati il richiamo di una fisionomia perduta.
No, l’elezione diretta del Sindaco sta lì, diritta e fiera, dentro l’esperienza forse più preziosa dei Cittadini.
Non ci sono riforme nella Storia recente del nostro Paese che possano vantare un simile primato.
Scorrendo velocemente le cronache dei cambiamenti legislativi che hanno agito sulla vita organizzata dei territori, non è difficile ammettere che tante riforme, forse tutte, non hanno sopportato il peso del tempo. Alcune sono state rovesciate più volte a favore della massimizzazione dei risultati per la maggioranza dominante del periodo.
Basti pensare alla rivoluzione del sistema elettorale del Parlamento che prese vita dopo il referendum proposto da Mariotto Segni nel 1991. Dopo il referendum, l’Italia conobbe la stagione del sistema maggioritario, ma anche le tante storture, non previste e non attentamente compensate.
Il risultato? Una serie di riforme delle riforme che ogni Legislatura ha introdotto per avere, alla fine, il mostro delle regole elettorali del Parlamento che abbiamo davanti.
Per non parlare dell’assetto di governo delle Regioni, i parlamentini locali che generano in modo diffuso ed uniforme le reazioni più variegate, tutte però negative. Reazioni sempre più motivate dall’esperienza letale degli effetti di riforma del Titolo V della Costituzione. Un disastro che si nutre di arzigogoli delle competenze tra lo Stato e le Regioni sulle cosiddette materie concorrenti. Su scuola, sicurezza, trasporti, salute, tutela del territorio, energia, ed ancora altro, lo Stato e le Regioni dovrebbero concorrere a definire ed attuare le regole legislative.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Un disastro, appunto.
Ma se torniamo all’elezione diretta dei Sindaci, facciamo fatica a trovare criticità, che pure ci sono, tanto pesanti da far invocare una riforma, una qualche modifica. Qualsiasi criticità è debole rispetto alla forza della rappresentanza diretta dei Cittadini. Scegliere con il proprio voto diretto il Sindaco della Città ha introdotto una novità di legame, relazione, rapporto che tocca sia il Sindaco sia ciascun Cittadino. Il Sindaco, l’Uomo scelto dai suoi Cittadini, sottoscrive un patto con la Città di programma, di progetto e di fedeltà. E’ lui, e solo lui, ad essere riconosciuto da ciascuno come il responsabile delle vicende in Città. Ha la grande opportunità di guidare l’avventura ammnistrativa per 5 anni con gli uomini che lui sceglierà. Una opportunità unica.
Ditemi quale carica apicale vive un analogo protagonismo.
Forse è accaduto qualche volta con il Presidente della Repubblica, ma solo quando Uomini “speciali”, campioni di empatia e protagonisti della Storia, hanno interpretato quel ruolo. Fin troppo facile portare un esempio abbastanza moderno: Sandro Pertini. Ci piaccia o no la parte della Storia alla quale ha aderito, sarebbe un delitto non ammettere che è stato il Presidente della Repubblica riconosciuto da tutti, in modo affettivo e diretto, come il capitano indiscusso della Nazione.
Un Sindaco, in ogni scala di Comunità, è sempre il capitano. E’ la guida per quel tempo.
Il Sindaco lo sa e, pur se volesse fingere di trascurare questo aspetto fondante della sua carica, ci farà i conti tutti i giorni.
Perché non è solo lui a vivere un protagonismo, per così dire, unidirezionale. Sono i Cittadini che, con fermezza, cercano, e talvolta pretendono, da lui il rispetto del patto.
A qualsiasi schieramento appartenga, a quello vincente che ha sostenuto alle elezioni quell’uomo, ma anche a quello perdente che vive la stagione dell’opposizione, il cittadino non perde l’orientamento. La stella polare è il Sindaco. E’ lui il bersaglio delle invettive per tutto quanto del patto sarà tradito, è lui il riferimento per tutto ciò che di buono sarà fatto.
Ed io trovo questo aspetto della guida delle Città come il più affascinante perché intriso di significato forte e profondo. Con l’elezione diretta del Sindaco, viviamo un rapporto di cittadinanza che passa per il riconoscimento unico di ruoli e funzioni. Che ha dentro una carnalità sana che, se non tradita, guarisce dalla sindrome di scollamento tra cittadini e governi. Una malattia endemica, introdotta in ogni sistema dagli interpreti delle più variegate forme di virus umano: cinismo, cialtroneria, rampantismo, pressapochismo, malafede, e mi fermo qui per rispetto all’essere umano.
Insomma, quelle rughe che, dopo 25 anni, maledettamente si presentano a reclamare il tempo che è passato, valgono un festeggiamento civile. Senza troppi clamori.
Basta trovare qualche Uomo che abbia ancora il coraggio di dire “Ho un desiderio: i balconi della mia Città del colore delle stelle”. E’ una citazione, di un Sindaco, Pasquale Viespoli, che commoveva parlando direttamente ai suoi Cittadini in Piazza Roma. Benevento, Italia.