Scriveva Domenico Starnone sull’Internazionale del 19/25 ottobre 2018, nella Rubrica Parole, che ci sono in giro troppi popoli: governati o governanti, tirati per la giacchetta da Renzi, Salvini, Di Maio, divisi l’un l’altro per appartenenza o condizione, tenuti insieme dal collante dei like dei social o dagli insulti per il nemico.
Così il popolo degli italiani tutti disoccupati e oppressi è sempre giallo verde dalla bile, quello radical chic entra in TOD’S nella Leopolda del PD, quello di Casa Pound rimane tutto nero; il popolo di Berlusconi è ancora azzurro, forse un po’ sbiadito. Tra insulti e conquiste, il popolo è già stato tutto impacchettato, diviso, governato e manovrato. Il popolo è già tutto di qualcuno.
La famosa manovra del popolo.
Ma che popolo è quello che è stato fermato alle porte di Roma che era diretto a partecipare alla manifestazione contro il razzismo e il decreto Salvini. Alcune fonti parlano di 30 bus, altri indicano in 46, in totale, i bus fermati alle porte di Roma.
Tutti i partecipanti sono stati fatti scendere dai mezzi, identificati e perquisiti. La democrazia e la sicurezza a tutela del popolo irrompono contro di lui; il governo a servizio del popolo, evidentemente, non riguarda il popolo libero, quello che non se ne sta solo davanti allo schermo ma che scende anche in piazza.
Attenzione: quello va identificato, smembrato, intimorito, diviso.
Ciononostante ieri, oltre 60 piazze italiane da Milano a Roma, da Bergamo a Perugia, erano gremite di quel popolo che non si accontenta di essere etichettato da qualcuno e che vuole riprendersi oltre che il controllo sul proprio corpo, anche gli spazi comuni di incontro fisico, le agorà nel senso classico del termine, osando dire, quello che sta diventando indicibile.
Mentre a Roma scendevano in Piazza gli Indivisibili, a segnare un fronte di opposizione compatto contro una linea di sicurezza proposta in maniera classista, divisiva, non solidale, che tutela i cementificatori e si dimentica degli evasori, ossessionata più dall’immigrazione che dai fenomeni mafiosi che la sfruttano, in centinaia di altre piazze italiane era in campo una marea di frammentate associazioni, sindacati, realtà politiche, comitati, centri sociali, uomini e donne, tutti e tutte per dire no ad un altro scampolo di sicurezza di questo governo: il DDL Pillon.
Che popolo è mai questo? Chi era in piazza ieri? Un popolo che ha trovato il suo nemico?
Di sicuro un popolo vario, spesso tra le sue maglie in conflitto con se stesso, a volte diviso in guerre di feudo, in baruffe chiozzotte, ma ieri era compatto in piazza per dire un no unanime.
NO ad un attacco frontale a diritti che pensavamo acquisiti, NO ad imposizioni esterne sulla libertà di scelta del proprio corpo e delle proprie relazioni.
Oggi dire che separazione e divorzio debbano essere un diritto di libertà sta diventando più difficile: Pillon vi antepone, a condizione di procedibilità, una mediazione obbligatoria a fini conciliativi; vuole de imperio una parità genitoriale che, oggi in Italia, non esiste neppure nella famiglia non separanda; affida a psichiatri e neuropsichiatri il compito di creare piani di coordinamento tra i genitori, come se, nel delirio di medicalizzazione dei rapporti, litigare con l’atro genitore su chi debba portare il figlio a nuoto nel giorno di propria competenza, sia una malattia da curare.
Quasi un milione di madri vive a rischio di povertà, quasi il 30% delle madri è costretto a lasciare il lavoro dopo aver avuto il primo figlio, rinunciando al proprio reddito: che facciamo Pillon, lo prescrive l’assegno di mantenimento per le settimane in cui i figli stanno collocati da queste quarantacinquenni disoccupate?
Se ne avesse il potere, dichiarava il senatore della Lega alla Stampa qualche tempo addietro, offrirebbe somme “ingentissime” alle donne per convincerle a non interrompere la gravidanza e introdurrebbe matrimoni indissolubili.
Le famiglie si sfaldano? I genitori litigano? I bambini soffrono?
Ecco la cura del dottor Pillon: donne in riproduzione all’interno di matrimoni eterni.
Eppur qualcosa contro si muove.
Il Popolo che ieri è sceso in piazza è chiamato a decidere e visti i decreti che vengono approvati a farlo in fretta: sviluppo e progresso dei diritti di ogni individuo o felice decrescita medioevale?
E’ storia nota, avere un nemico in comune stimola la collaborazione. Riuscirà ora, questo nuovo popolo ad avere anche obiettivi politici comuni?
Lo si spera, ce lo si augura davvero, nel nome di nessuno. Per il bene di tutti.