Obsolescenza programmata: l’apice del consumismo

Pochi mesi fa, è ritornata alla ribalta delle cronache, una pratica aziendale che in molti avevamo dimenticato: l’Obsolescenza programmata.

Una pratica, da alcuni definita “strategia aziendale”, presente nelle nostre vite da quando esiste il consumismo. È tornata alla ribalta delle cronache per il caso Apple e Samsung. Nello specifico relativamente alla multa di 10 milioni ad Apple e 5 a Samsung, comminata dall’Antitrust (Autorità Italiana garante della concorrenza e del mercato) ai due colossi per aver imposto ai propri clienti aggiornamenti che hanno di fatto reso gli smartphone mal funzionanti (obsoleti), rendendo così necessario l’acquisto di un nuovo prodotto o comunque di nuove componenti.

Questa pratica poco onorevole non si limita alla sola telefonia ma a tutto il settore delle apparecchiature elettroniche. In realtà quando compriamo un prodotto elettronico (spesso ma non sempre) lo compriamo con la “scadenza” programmata, con un ciclo vitale prestabilito. I prodotti destinati a durare nel tempo non esistono ormai da un bel po’. Difficile trovare sul mercato prodotti di qualità, creati per durare, il tutto a discapito delle nostre tasche e dell’ambiente.

L’obsolescenza programmata è tra la principale cause dell’aumento di rifiuti e rappresenta la vera anima del consumismo più feroce.

Attraverso l’obsolescenza programmata, le case produttrici decidono a tavolino la durata di un bene, in pratica prestabiliscono la durata del ciclo vitale di un prodotto accelerando l’acquisto di nuovi beni in sostituzione di quelli che ormai sono “obsoleti”.

È la pratica che anima il consumismo spinto, basato sull’usa e getta frenetico. Spesso costa meno acquistare un prodotto nuovo che farne riparare uno vecchio e la mole di rifiuti aumenta in modo esponenziale.

Quando nasce l’obsolescenza programmata?  La nascita di questo raffinato raggiro, fatto passare in tempi lontani come pratica necessaria per evitare una crisi economica globale, avviene nel 1924 con la creazione di un cartello di società operanti nella produzione di lampadine ad incandescenza. Tale cartello prese il nome di Phoebus.

I produttori si accorsero che la qualità dei loro prodotti era talmente elevata da renderli troppo durevoli nel tempo, impedendo di fatto l’aumento delle vendite. La c.d. “catena di montaggio permetteva la produzione in serie dei prodotti che uscivano dalle fabbriche in grande quantità. Una quantità che in alcun modo non poteva restare invenduta a prendere polvere nei magazzini.

Decisero quindi, tutti insieme, di produrre lampadine a scadenza, limitandone il funzionamento a 1000 ore di esercizio, dopo le quali si rendeva necessario l’acquisto di una nuova lampadina. Molti altri furono i seguaci di questa “strategia”. Tra i tanti possiamo citare la società DuPont, che negli anni 30 creò la fibra sintetica conosciuta col nome di Nylon. Questa fibra venne utilizzata per produrre calze da donna. Si accorsero ben presto che i prodotti duravano troppo.

Le calze erano più resistenti di quanto si pensasse. Per la DuPont era un problema da risolvere. Come? Affidarono ai propri tecnici il compito di indebolire il tessuto in modo da renderlo meno durevole. Bisognerebbe mettersi nei panni dei tecnici che inventarono il Nylon.

Dopo tanti studi e prove, finalmente arrivare ad un prodotto tecnicamente “perfetto” per poi dover rovinare i tanti progressi in nome del Consumismo e renderlo “imperfetto”. Non credo che i tecnici abbiano gioito ma almeno mantennero il posto di lavoro. Dalla nascita di questa insana pratica, arriviamo di gran passo ai giorni nostri con Apple e Samsung che applicano l’obsolescenza programmata 4.0 (oggi passa anche per la “rete”) e per questo vengono multati dall’Antitrust.

Una piaga ambientale e “sociale”, presa sul serio dall’Unione Europea che ha deciso di contrastarla attraverso misure forti e ambiziose. In particolare, attraverso la misura approvata dal Titolo: “Risoluzione del Parlamento europeo del 4 luglio 2017 su una vita utile più lunga per i prodotti: vantaggi per consumatori e imprese (2016/2272(INI))”.

Il testo approvato della Risoluzione prevede in sintesi (estratto dal Testo):

  • Progettare prodotti robusti, durevoli e di qualità;
  • Promuovere la riparabilità e la longevità;
  • Ritiene vantaggioso assicurare la disponibilità dei pezzi di ricambio essenziali per il corretto e sicuro funzionamento dei prodotti;
  • Esorta gli Stati membri ad esplorare incentivi adeguati che promuovano prodotti durevoli, di elevata qualità e riparabili, a incoraggiare la riparazione e la vendita di seconda mano e a introdurre formazioni per la riparazione;
  • Sottolinea l’importanza di salvaguardare l’opzione di recarsi presso un riparatore indipendente, ad esempio scoraggiando soluzioni tecniche, di sicurezza o software che impediscono la riparazione al di fuori dei circuiti autorizzati;
  • Incoraggia il riutilizzo dei pezzi di ricambio per il mercato dell’usato;
  • Riconosce la possibilità di utilizzare la stampa 3D onde creare i pezzi su richiesta dei professionisti e dei consumatori; esorta, al riguardo, a salvaguardare la sicurezza dei prodotti, la protezione anti-contraffazione e la tutela del diritto d’autore;
  • Ricorda che, ai fini della realizzazione di un’economia circolare di successo, giocano un ruolo importante anche la disponibilità di componenti standardizzati e modulari, la progettazione per lo smontaggio e per prodotti di lunga durata ed efficienti processi produttivi;
  • Applicare un modello economico orientato all’uso e sostenere le PMI e l’occupazione nell’UE

La UE invita gli Stati membri a:

– organizzare la concertazione tra tutti gli attori interessati per incoraggiare lo sviluppo un modello di vendita basato sull’uso che sia vantaggioso per tutti;

– intensificare gli sforzi con misure intese a promuovere lo sviluppo dell’economia funzionale e a rendere interessanti il noleggio, lo scambio e il prestito di oggetti;

– incoraggiare le autorità locali e regionali che promuovono attivamente lo sviluppo di modelli economici, come l’economia collaborativa e l’economia circolare, che promuovono un uso più efficiente delle risorse, la durabilità dei beni e rafforzano la riparazione, il riutilizzo e il riciclaggio;

  • Garantire una migliore informazione del consumatore
  • Proteggere i consumatori dall’obsolescenza dei software
  • Rafforzare il diritto alla garanzia legale di conformità

Questa la sintesi della strategia UE per contrastare l’obsolescenza programmata. Come avete notato, nella strategia UE si parla di Economia circolare e di tutela ambientale. Infatti l’obsolescenza programmata è la causa di un traffico di rifiuti dall’Occidente verso l’Africa, dove arrivano la maggior parte dei rifiuti elettronici con la scusa del “prodotto di seconda mano” o tipo “usato sicuro”.

Perché serve la “scusa” per le aziende occidentali? Perché un accordo internazionale vieta l’esportazione in quelle aree di Rifiuti elettronici (conosciuti con la sigla RAEE). Grazie all’escamotage dell’usato, le aziende hanno di fatto trasformato l’Africa nella principale discarica illegale di rifiuti elettronici del Pianeta.

Il guadagno economico per le aziende derivante da questa pratica criminale è elevato. Dal momento che non devono smaltire o avviare a trattamento e riciclo i loro rifiuti in un circuito legale (ricordiamo arrivano in Africa come prodotti di seconda mano) evitano qualsiasi costo relativo al corretto trattamento come rifiuti devastando interi territori ed intere comunità.

Un vero e proprio “crimine” verso l’ambiente e la “vita” in un silenzio generale assurdo. In un circuito legale e “regolare” di trasformazione e riciclo, i RAEE possono trasformarsi in materie prime preziose (rame, argento, oro ecc), garantire numerosi posti di lavoro ed economia “sana” per tutti.

Esistono in Europa numerosi centri di riparazione, organizzati proprio sul principio della circolarità. In questi centri –laboratori specializzati (i RAEE spesso possono contenere sostanze pericolose come il caso dei frigoriferi), arrivano prodotti elettronici guasti che vengono valutati attentamente da tecnici preposti, per essere avviati a riparazione o separazione e riciclo quando la riparazione è impossibile.

I prodotti rigenerati, grazie a tecnici specializzati che rilasciano spesso anche una garanzia di 1 anno, vengono nuovamente rimessi in vendita, con un prezzo che di solito è inferiore alla metà del prezzo originario.

Per i prodotti che non conviene riparare, si procede allo smantellamento ed alla selezione delle materie come plastica, metalli preziosi e metalli e leghe più comuni e meno preziose. Tutte materie che attraverso una “differenziata” spinta dei RAEE possono generare nuova materia e nuovi prodotti. Un ciclo chiuso, che aiuta ad avere prodotti buoni a basso costo e a tutelare l’ambiente e la salute.

Le buone pratiche che generano occasioni e vantaggi per tutti esistono, basta solo informarsi e adoperarsi.

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