Ucraina, la più grande emergenza umanitaria. La macchina della solidarietà e le conseguenze della guerra.

 

L’invasione dell’Ucraina, da parte di Putin, ha provocato la più grande emergenza umanitaria mai vista dopo la Seconda guerra mondiale.

L’Unhcr – l’agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite – stima ad oggi 3.169.897 rifugiati fuggiti dall’Ucraina.

Quasi lo stesso numero (2 milioni) di persone che è stato ricevuto nei confini dell’Unione Europea complessivamente tra il 2015 e il 2016. Ed un totale di 10 milioni di sfollati tra persone che sono ancora intrappolate in Ucraina e persone che sono riuscite a superare le frontiere. La Commissaria Ue agli Affari interni, Ylva Johansson, nel suo intervento alla plenaria del Parlamento europeo, ha riferito che si tratta prevalentemente di anziani, donne e bambini che arrivano in Europa: circa un milione in Polonia, quasi mezzo milione in Romania, 170mila in Ungheria, 130 mila in Slovacchia.

A distanza di pochissimo tempo, come spesso accade in risposta a queste crisi di grande portata, si è messa in moto la macchina della solidarietà italiana.

Cittadini insieme a media, influencer, aziende e istituzioni si sono mobilitati dando prova di grande generosità per sostenere il popolo ucraino duramente messo alla prova. È il risultato di quello che potremmo definire il più grande avvenimento solidale della storia recente del nostro Paese. Addirittura, l’emergenza e le immagini forti che la descrivono nei media, hanno attivato la solidarietà anche di chi di solito non è avvezzo al dono. Sono nate numerosissime iniziative spontanee, che si sono accodate alla scia lunga della solidarietà contagiosa.

Il ragusano Andrea Caschetto – conosciuto in tutto il mondo come “ambasciatore del sorriso” e premiato dalle Nazioni Unite durante la Giornata Mondiale della Felicità – è andato come volontario in Ucraina.

Ha deciso di unirsi all’associazione “Milano Sospesa” per partire con tre Tir, messi a disposizione dall’azienda Capozi Autotrasporti, contenenti 40 tonnellate di supporti umanitari e raggiungere la zona bianca tra l’Ucraina e la Romania. Dotato di una sensibilità particolare e di un sorriso davvero contagioso, Andrea si è sempre interessato al destino dei bisognosi e soprattutto a quello dei bambini che ha fatto ballare, cantare, gioire, ridere negli orfanotrofi del mondo tra Africa, Asia, America Latina ed Europa. Il giovane siciliano – un carissimo amico per me – che fino a pochi mesi prima di questa terribile guerra si trovava proprio negli orfanotrofi dell’Ucraina, ha scelto di partire per portare speranza e affetto e per regalare sorrisi ai bambini in fuga dalla guerra. Dopo 31 ore di viaggio – di cui 21 alla guida di un furgone, lui che solitamente preferisce consumare le suole delle scarpe per contare i passi della fatica – è arrivato direttamente in Ucraina superando il confine con la Romania. “L’obiettivo iniziale – ci racconta Andrea – era quello di portare le tonnellate di aiuti, tra medicine e cibo a lunga conservazione, al confine, nella cosiddetta zona bianca tra Ucraina e Romania. Arrivati al confine ho avuto una delle sensazioni più brutte di sempre vedendo un fiume di persone, mamme e bambini in fila da quindici ore per oltrepassare quel filo sottile che separa l’Ucraina con la Romania, con le lacrime agli occhi e la tristezza nel cuore. Qui, ho conosciuto un prete ortodosso che voleva entrare in Ucraina per assicurarsi la consegna dei beni che trasportavamo e, alla fine, ci siamo trovati dentro l’Ucraina, precisamente a Cernivci a 35 chilometri dal confine con la Romania”.

I tir dell’azienda Capozi in partenza da Milano – Foto di Andrea Caschetto

Andrea, che ha sempre viaggiato con mezzi di fortuna e che nel suo piccolo bagaglio porta sempre tutta la sua forza ed il suo coraggio, non appena varcato il confine con l’Ucraina si è reso conto che non avrebbe potuto giocare con i bambini perché molti di loro erano stanchi, con gli occhi smarriti e sofferenti. Ma la ricchezza comunicativa ed espressiva di Andrea – che con le sue marionette di pezza tra le dita e la sua allegria ha trovato un mezzo per far sorridere i bambini, ha riacceso un lume di speranza nel cuore di tanti piccoli innocenti e in quello delle loro mamme. Si dice che la felicità sta nelle piccole cose ed i bambini quotidianamente ce lo dimostrano. Si meravigliano per poco: per un cagnolino che scodinzola, per una folata di vento, per una canzoncina ascoltata a ripetizione o per una marionetta che si muove tra le dita di chi sa regalare un sorriso.


Foto di Andrea Caschetto

In Ucraina, Andrea Caschetto e Alessandro Capozi – nella giornata internazionale dedicata alle donne – hanno conosciuto due mamme e tre figlie che avevano fatto una coda di 19 ore per oltrepassare la frontiera e che erano in preda al panico perché dovevano arrivare a Vienna, in Austria. Tania, una delle mamme, aveva imparato a guidare da poco e aveva paura delle curve innevate che avrebbe dovuto affrontare transitando dalle montagne della Romania. E se l’8 marzo resta un momento unico per ricordare gli episodi del passato e le conquiste del presente e se il suo spirito deve essere parte della quotidianità di tutti, Andrea ed Alessandro hanno deciso di onorare questo giorno con un gesto davvero unico, accompagnando queste grandi e piccole donne fino in Austria, regalando loro una gioia immensa e quel senso di protezione che tutte le donne dovrebbero avere.


Tania, l’altra mamma e le tre figlie – Foto di Andrea Caschetto

Nel nostro tempo, iperconnesso, perduto in una rete dove la potenzialità della costruzione della conoscenza è senza limiti, l’uso dell’informazione è centrale.
E la guerra, seppur nel suo racconto drammatico, diventa la metafora più illuminante della complessità che accompagna il lavoro dei reporter mentre raccontano al mondo i momenti più importanti che da cronaca diventano poi storia.

Il reporter di guerra diventa il simbolo della ricerca costante della verità soprattutto in quei territori dove i pericoli, i rischi, le minacce sono in continua evoluzione ed è difficile anche verificare la provenienza e la validità delle informazioni. In Ucraina e nei suoi confini, numerosi giornalisti e reporter con la telecamera in mano, un telefono e poco più, ci stanno raccontando non solo tutti i momenti di questa orribile guerra ma anche come la macchina della solidarietà è una realtà solida, importante e diffusa che coinvolge tutte le genti del mondo.

Al confine tra l’Ucraina e la Polonia c’è Rosario Sardella – reporter di Tv2000, Siamo Noi Tv, Tagadà e giornalista per l’Espresso, l’Avvenire, il Manifesto e il Fatto Quotidiano – che tutti conosciamo per le inchieste e i reportage sull’Africa e altri teatri di crisi che ha poi rappresentato nel suo libro “Perché non se ne stanno a casa loro?”.

Rosario – che insieme a Ludovico Tallarita e Giovanni Culmone ha intervistato per Fanpage, Wojciech Bakun, il sindaco di Przemysl divenuto famoso per aver mostrato al mondo la t-shirt con il volto di Vladimir Putin indossata da Matteo Salvini– ci racconta la solidarietà che affronta il dramma di una guerra a partire dal suo stesso impegno.
Da giornalista diventa attore principale dell’azione umanitaria rivolta soprattutto alle donne e i bambini, vittime indiscusse di questa atroce guerra che ci narra non solo il viaggio di chi fugge ma anche quello di chi aiuta: “Ho conosciuto Daniele, – racconta Rosario – una di quelle persone che si incontrano quando la vita decide di farti un regalo e con lui siamo partiti alla volta della Polonia portando non solo beni necessari in Ucraina ma anche tante persone in salvo in Italia”.

Siamo Noi – Guerra in Ucraina, La macchina dell’accoglienza – Servizio di Rosario Sardella

Alla stazione di Prezemysl, in Polonia, Rosario ha incontrato un fiume di gente, molte donne e molti bambini in fuga dalle città colpite dai bombardamenti russi: “pur essendo abituato ai contesti di guerra, vedere così tanti bambini e così tante donne in fuga è stato un momento davvero straziante”. Significativa e toccante è la foto, che Rosario ha scattato, del bambino che esce dal treno mentre il poliziotto lo tiene per lo zaino. Una foto (la vedremo nei prossimi servizi) che, indica, certamente, una delle conseguenze più drammatiche di questa guerra: i numerosi Msna, minori non accompagnati, che viaggiano da soli con quel senso di profondo smarrimento e di straziante solitudine che è difficile anche spiegare a parole. Rosario, che dal fronte di guerra è per noi una risorsa importante che esprime l’indicibile attraverso le sue immagini e le sue riprese, ha raccolto le storie di questi bambini e di numerose donne che raccontano il dramma di questa guerra. A seicento chilometri da Prezemsyl, ha trovato una scuola diventata rifugio per donne e bambini vulnerabili. Qui ha conosciuto Kasper, un bambino che si è protetto da solo dai colpi di violenza che ha prodotto questo terribile conflitto, diventando un volontario a disposizione di chi ha bisogno di aiuto.

Kasper a Prezemsyl con Rosario Sardella

Un fiume umanitario in movimento, non solo anziani, donne e bambini stanno fuggendo dall’Ucraina senza sosta, in treno, bus, auto e anche a piedi ma anche tanti volontari che da tutto il mondo accorrono a Przemysl per portare il loro aiuto. Qui, Rosario ha intervistato numerosi volontari, tra cui Derrek, figlio di una donna che è stata deportata nei campi di concentramento nazisti, che dalla California è partito in soccorso degli ucraini continuando la sua battaglia di giustizia sociale a favore di chi ha addosso le lacrime della guerra e dell’orrore. Una storia che nella sua drammaticità riesce a far emergere, al di là di tutte le differenze, la generosità di chi non avrebbe mai pensato che la storia potesse ripetersi. Anche questa intervista di Rosario Sardella sarà a breve pubblicata in un approfondimento che faremo quotidianamente.


Foto di Rosario Sardella – Stazione di Przemysl

Difficoltà logistiche, problemi di sicurezza e gap linguistici non hanno ostacolato Rosario nella sua missione non solo di reporter e di giornalista ma anche di narratore delle storie più toccanti di chi all’improvviso si è trovato dentro una guerra: “il problema principale è sicuramente rappresentato da un gap linguistico. Quando ero in missione in Africa, nella maggior parte dei casi si parlava inglese o francese e si poteva comunicare meglio. Gli ucraini non parlano l’inglese, tantomeno il francese. Nonostante ciò – ci racconta Rosario – sono stato fortunato perché ho conosciuto Anna, una donna ucraina che grazie al suo lavoro parla molto bene l’italiano. Mi ha aiutato a comunicare con le altre donne ucraine”. L’intervista di Anna, che riportiamo anche nel nostro quotidiano, è andata in onda oggi su La7 nella trasmissione di Tiziana Panella a Tagadà.

Anna – racconta Rosario – è fuggita da Kiev per andare a Mariupol’, città completamente caduta in mano ai russi, per cercare i suoi genitori. Qui purtroppo, non ha trovato la sua famiglia ma continuerà a cercarla, nonostante dopo giorni di attesa ha dovuto lasciare l’Ucraina. Adesso si trova a Cipro, in Grecia e Rosario continuerà a seguire la sua storia e noi con loro.

L’Intervista di Anna – Servizio di Rosario Sardella per Tagadà

 

Foto di Rosario Sardella – Stazione di Przemysl

Essere giornalisti è una missione che ha, inesorabilmente, insito in sé un fine umanitario, che è quello di far conoscere il volto degli eventi, anche di quelli più drammatici. Rosario ci racconta, e lo farà meglio nelle prossime settimane, quanto sia reale il rischio di tratta non solo di bambini, come ribadito più volte dall’Unicef e da Save The Children ma anche quello delle donne costrette a viaggiare da sole di notte, per fuggire dalle bombe russe. Il nostro Rosario, insieme ad altri colleghi a cui lo lega l’esperienza professionale ma anche quella umana, sta verificando le sue fonti, anche quelle governative polacche, per comprendere meglio questo fenomeno e verificare le informazioni che ha già rilevato sul campo. Tra l’altro, è notizia recente che nel campo profughi di Medyca è già allarme sciacalli sia per i minori che per le donne.


Medyca – Foto di Rosario Sardella

Una comunicazione, quella di Rosario, più sensibile alla promozione umana, che testimonia e incoraggia le buone azioni, come esempi “contagiosi” da emulare. Quella che dovremmo tutti guardare come un invito non più rinviabile ad aprirci a un mondo nuovo, ad uscire dalle nostre false certezze, dagli egoismi, per andare incontro agli altri dando voce ai sentimenti più autentici e ai gesti più sensibili. È così che Rosario ci racconta il viaggio che ha fatto con Daniele, percorrendo 1200 chilometri in un giorno per arrivare al nord dell’Ucraina, vicino la Bielorussia, per andare a prendere una donna ucraina e il suo bambino di due mesi e portarli a Padova, in Italia. Questa storia, molto commovente, che Rosario ci racconterà nei prossimi giorni, è l’emblema di questa guerra. Donne che fuggono da città cadute in mani russe, nelle condizioni più disperate e percorrono migliaia di chilometri per cercare un luogo più sicuro e nascondersi, per poi sperare in qualcuno che possa aiutarle a lasciare l’Ucraina. È così che questa donna fuggita dalla città di Zaporižžja con suo figlio di appena due mesi, ha incrociato il coraggio e la generosità di Daniele e Rosario, che l’hanno portata in salvo in Italia, ospite adesso di una famiglia che conosce perché dieci anni fa aveva lavorato per loro.

Di questa grande rete di solidarietà fanno parte – oltre ai singoli volontari partiti da ogni parte del mondo e alle Chiese e le loro associazioni – anche le Organizzazioni non Governative (Ong), criminalizzate per molti anni per aver salvato esseri umani nel Mediterraneo.

Le prime ad attivarsi, subito dopo l’invasione russa, sono state la Croce Rossa e le Ong italiane storicamente presenti in Ucraina come Aibi-Amici dei BambiniSoleterreAvsi. La fondazione Amici dei Bambini gestisce a Volodarka, ad un paio di ore da Kiev, ha allestito un campo di accoglienza per gli sfollati e in Moldavia ha avviato un’azione di emergenza per rifornire due punti di prima assistenza alla dogana e un campo profughi nella capitale Chisinau.
L’associazione “Soleterre”, che si occupa solitamente dei bambini malati di cancro e assicura loro la continuità delle cure mediche, chemio comprese, dallo scoppio della guerra si è mobilitata per garantire forniture mediche, strumentazione chirurgica, farmaci nei reparti dell’Istituto del Cancro e dell’Istituto di Neurochirurgia di Kiev e con l’Ospedale Regionale di L’viv.
L’Avsi, invece, con la “Campagna Tende”, si era mossa a sostegno delle famiglie sfollate a causa del conflitto già nel 2014 e trasferite a Kiev e Charkov. Adesso si è riattivata per aiutare le persone in fuga verso Polonia e Romania e ha lanciato un appello per raccogliere fondi da destinare all’acquisto di medicine e generi di prima necessità per le zone di Siret e Leopoli, raccogliendo in meno di una settimana 300mila euro con l’hashtag #HelpUkraine. Ci sono ancora il Cesvi storica Ong italiana intervenuta ai confini con la Slovacchia; una delegazione di Progetto Arca che è partita da Milano con un convoglio carico di beni di prima necessità ed è già rientrata portando in salvo mamme e bambini; Intersos, i cui operatori ora si trovano Moldavia ma anche in Polonia, fornisce assistenza medica e protezione ai rifugiati provenienti dall’Ucraina; Save the Children opera in Ucraina dal 2014, fornendo aiuti umanitari essenziali ai bambini e alle loro famiglie; Medici del Mondo è un’organizzazione umanitaria internazionale presente anche in  Ucraina dal 2015, dove fornisce assistenza umanitaria e servizi sanitari. Attualmente ha già fornito attrezzature mediche a tre ospedali per curare i feriti ed eseguire interventi chirurgici e sta offrendo consulti medici a distanza con ostetriche e psicologi. Il suo staff internazionale è inoltre pronto ad aiutare i rifugiati in Polonia, Romania e Moldavia. L’Unicef che è presente in loco per fornire assistenza sociale e medica ai bambini.

Ed infine, non per ultime, ci sono le Ong che da anni operano nel Mediterraneo per salvare vite umane, le stesse che abbiamo criminalizzato di recente, che sin da subito hanno attivato i corridoi umanitari mettendo in salvo numerose donne e bambini in fuga da ogni parte dell’Ucraina. Per i malati ma anche per i tanti feriti di guerra troviamo a Kiev e nelle altre città, Medici Senza Frontiere. Hanno già distribuito kit d’assistenza medica d’emergenza a Mariupol e nelle città dove gli scontri sono stati più pesanti. Un team di Emergency è in Romania e Moldavia per offrire il suo intervento in aiuto ai profughi. Open Arms – la Ong spagnola che da molti anni è impegnata nel Mediterraneo e al confine tra la Polonia e la Bielorussia – con Oscar Camps e Valentina Brinis da Varsavia organizza i primi voli umanitari che hanno già portato in Italia 600 tra anziani, donne e bambini che fuggono dalle bombe di Putin.

Corridoi umanitari di Open Arms – Voli da Ucraina per l’Europa

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